domenica 9 gennaio 2022

BENIAMINO GIGLI (La Civiltà Cattolica, 2008)

G. Arledler - BENIAMINO GIGLI (La Civiltà Cattolica, 1° marzo 2008)

Il 30 novembre dello scorso anno [2007] ricorreva il 50° anniversario dalla morte di Beniamino Gigli, che con Enrico Caruso è passato alla storia come il più grande tenore del Novecento. L'articolo traccia il ricordo di una personalità artistica che piace ricordare non solo nell'ambito musicale, ma anche per le qualità umane.

La sua arte [di Beniamino Gigli] si può valutare pienamente nel repertorio operistico, a confronto con le più grandi voci del suo tempo: scegliamo qualche frammento dall'analisi vocale, un po' tecnica, ma assai puntuale, che ne traccia un grande intenditore di voci liriche come Rodolfo Celletti (1917-2004). Riguarda Gigli nella prima parte, ma non solo, della sua carriera artistica e ci fa comprendere come una voce maschile, quella del tenore in particolare, riesca a suscitare veri e propri fanatismi:

"La voce era tra le più belle udite nel nostro secolo, con un timbro limpido, caldo, ricchissimo di armonici, soffice e con una facilità di emissione che assicurava omogeneità di colore e di vibrazioni a tutta la gamma. Un perfetto controllo dei fiati permetteva fermezza di suono e legati impeccabili; la morbidezza e la duttilità consentivano una mezzavoce capace di espandersi come se fosse un mezzoforte, ma con una velatura lievissima che ne accentuava la dolcezza. L'estensione, ridotta nei primi anni, fu gradualmente portata fino al si naturale (talvolta anche al do) con acuti non squillantissimi, ma pieni, compatti. La dizione, poi, era chiarissima e l'intonazione impeccabile.
Queste qualità fecero di Gigli l'immagine vocale del perfetto tenore di genere lirico, non senza qualche propensione al repertorio lirico-spinto. Quanto all'interprete, rendeva spesso i recitativi e le arie con un'eccellente calibratura di accenti, colori, intensità e a volte la fantasia del fraseggiatore si esprimeva con modi che non avevano nulla da invidiare a quelli di uno Schipa o di un Pertile e che il più ricco materiale vocale rendeva irresistibili.
" [R.CELLETTI - "Grandi voci alla Scala" - Milano, Teatro alla Scala, 1991 (con 6 cd): pagina 129] 



 

 

 

 

 

 




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