L'arte di Beniamino Gigli secondo la testimonianza di Savinio:
Per apprezzare a dovere l'esecuzione di un'opera, bisogna se non altro poter ascoltare quest'opera integralmente, e gli applausi che venivano giù a torrenti a ogni cadenza di questa "Traviata" tanto cadenzata (è stato applaudito persino il mutamento di scena fatto per mezzo del palcoscenico girevole) ci hanno nascosto metà della musica (...)
trovammo modo di apprezzare una volta ancora l'arte di Beniamino Gigli. Di essere venuto al mondo fornito di un'ugola prodigiosa, il merito non spetta a lui; ma è merito suo l'aver messo la sua ugola al servizio di una tecnica perfetta, di una scienza profonda, di un tanto rispetto della "musicalità" della musica. Diversamente da molti suoi colleghi, e da molte sue colleghe, Gigli canta da musicista. Il suo canto non viene fuori come l'acqua dalla cannella dell'acqua perenne: ora a sbuffi violenti, e ora come un filo. Gigli dà al suo canto un equilibrio costante. Egli sa che una corona non ha un valore "ad libitum", ma una lunghezza pari al doppio di quella della nota. Al senso innato del ritmo, egli ha aggiunto un rispetto rigoroso del tempo. Sa di quanto il cantante "controllato" è superiore al cantante d'istinto. Sa quando è il caso di non insistere, di sorvolare, di "lasciar perdere"; e talvolta si può sorprendere Gigli in atto di "correggere" la sua parte: di sostituirsi all'autore. Egli sa la differenza tra un cantare civile e un cantare incivile. Sa quale segno di civiltà musicale è il legato, la parità di suono. Sa che cos'è stile. E ascoltando Beniamino Gigli, la sua voce guidatissima, il suo legatissimo disegno, si pensa ai disegni di Ingres in punta di matita.
FONTE: Pubblicato su "Oggi", 8 febbraio 1941, p.23
(da: Alberto Savinio - "Scatola sonora", 1955)
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