«Beniamino Gigli è uno di quei rarissimi cantanti che non ci si stanca mai di ascoltare, che si ricorda con nostalgia e che si vorrebbe riudire presto, presto, magari la sera dopo che lo si è sentito. Tutto ciò, semplicemente, perché Gigli "canta", canta con la sua bella voce morbida e calda, che nelle modulazioni della melodia si snoda con una varietà e una ricchezza di suono e di colori che ha del prodigioso. Beniamino Gigli è un artista nel senso migliore della parola: sa esprimere, sa ridare alla strofa, e al discorso musicale, il ritmo, la linea, l'accento che il musicista intravvide e creò nel lampo divino della sua ispirazione. Ma tutta la sua magnifica, eletta, coscienziosa arte di interprete, è per così dire, assorbita, superata dalla prepotente spontaneità del suo temperamento di 'cantante'. Ieri sera ho rilevato in tutta la creazione del personaggio di Cavaradossi, dettagli e ricerche di interprete di grande classe: ma quando al terzo atto Gigli potè abbandonarsi pienamente al suo estro di cantante, egli apparve di un tratto, al di sopra e al di fuori di ogni confronto. La romanza "E lucevan le stelle", cantata due volte, con diversa intensità di accenti, e con qualche varietà di espressioni, suscitò nell'uditorio un autentico entusiasmo, e sì che tutti l'avevan sentita almeno cento volte, la bella abusatissima romanza pucciniana. E l'entusiasmo vibrò per tutto l'atto ad ogni frase, ad ogni accento, sino alla trionfale invocazione d'amore che parve un folgorare luminoso di note, l'una più bella, piena, sonora, incandescente dell'altra.»
[GAIANUS (pseudonimo di Cesare Paglia) su "Il Resto del Carlino", 15 settembre 1927]
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giovedì 13 gennaio 2022
L'arte canora e interpretativa di Beniamino Gigli secondo Gaianus (Il Resto del Carlino, 1927)
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